top of page

Lara


Sono Lara ho 28 anni, sono malata da 12 anni di anoressia e bulimia


 

Mia nonna è stata una presenza molto importante nella mia vita e quando è morta nel febbraio 2010 ero lacerata dal dolore e mi sono aggrappata ad un’altra persona.

Mi sono fidanzata, ancora adolescente, verso i 16/17, anni con un ragazzo che aveva una costituzione longilinea, forse nella sua famiglia avevano tutti un metabolismo molto veloce e a casa sua si mangiava di tutto e di più. Io, che non ho mai apprezzato più di tanto la pasta, mi ero comunque adeguata alle loro abitudini alimentari, ma ingrassavo. Un giorno suo padre guardandoci insieme ci definì come “Stanlio e Ollio”. Dopo poco tempo, io ero in pantaloncini, e avevo preso ancora un po’ di peso, suo padre davanti a tutti fece di nuovo questa battutaccia e il mio ragazzo aggiunse “questa mi sta diventando una vacca svizzera, la mia vacca svizzera!”. Era presente anche il fratellino che da quel momento cominciò a chiamarmi così e anche gli altri fecero lo stesso. Queste parole mi facevano tanto male, ogni volta erano pugnalate ma non lo davo a vedere.

Il giorno dell’Immacolata, giorno che non dimenticherò mai, avevamo cenato tutti insieme a casa mia, mio padre che lavora su un peschereccio aveva portato il pesce fresco e abbiamo preparato il couscous. Quel giorno ero devastata dalle solite battute su di me, mi alzai da tavola, andai in bagno e mi infilai due dita in gola per la prima volta, quello fu l’inizio.

Non potevo vomitare sempre, perché credevo che mia madre avesse capito, ma essendo troppo buona o forse non sapendo come comportarsi, faceva finta di niente. Non sapeva come aiutarmi ed io ho iniziato a restringere, a dire bugie, dicevo che avrei mangiato a scuola con le mie compagne e invece restavo a scuola fino all’una, anche se chiudevano i cancelli, oppure uscivo e rientravo alle due.

Cominciavo a perdere sempre più peso ma non mi bastava mai, iniziavo a stare male, mi faceva malissimo la testa. A cena, a casa del mio ragazzo non potevo digiunare, perciò a casa restringevo sempre di più, avevo eliminato la pasta, mangiavo solo verdura e yogurt fino a che ho smesso completamente di mangiare e sono diventata anoressica.

Il mio ragazzo e i suoi familiari non notavano la mia magrezza. Quando andavo in bagno a vomitare dicevo loro che soffrivo di cistite e loro non si sono mai preoccupati.

Le cose andavano male, tra dieta, litigi col fidanzato e mio padre che non voleva che lui stesse al mio fianco. I parenti del mio fidanzato mi hanno umiliata tanto, non solo per l’aspetto fisico. Una sua zia transessuale aveva suggerito al mio fidanzato di farmi fare delle analisi per l’HIV perché potevo avere l’AIDS e lui non mi ha mai difesa.

In seguito al forte dimagrimento ho iniziato a provare una stanchezza insostenibile, lui stava con me tutta la settimana ma il fine settimana mi lasciava sola perché usciva con le sue amiche, e io ci stavo male.

Mio padre è sempre stato severo e la prima volta che sono potuta rimanere fuori fino alle 4 del mattino è stato al mio 18° compleanno, in quel momento penso di aver guadagnato la sua fiducia e mi sono anche resa conto che il rapporto con il mio fidanzato non poteva continuare, lui era un bambino e quindi la storia è finita.

Poi ho avuto un altro ragazzo ma, per via della malattia, questo rapporto è finito: io ero magra e mi sentivo bella, ma questo a lui non interessava, voleva qualcosa di più, un futuro, una ragazza dolce.

La malattia non mi ha lasciata, è un circolo vizioso nel quale si entra e non si esce più. Ero arrivata al punto di entrare nel reparto bambini per comprare un paio di pantaloni o un giacchino perché le taglie uniche erano troppo grandi, e nei negozi normali non trovavo la XXXS. Non trovavo nemmeno le cinture.



Ero arrivata a pesare 34 chili e per anni ho cercato di fingere che fosse tutto normale, uscivo con gli amici e conducevo una vita come tutti. Poi, maturando, sempre con questa malattia, ho visto i miei amici proseguire nel loro cammino, formare una famiglia e io bloccata, non andavo né avanti né indietro.

Ho lavorato, mi sono data da fare non mi sono mai fermata. Il mio carattere mi ha sempre portata ad essere indipendente, in estate lavoravo per pagarmi i libri, vendevo quelli vecchi e compravo quelli di seconda mano. I miei genitori mi avrebbero aiutata ma io volevo cavarmela da sola.

Mio padre è pescatore in certi mesi il lavoro rende, ma ci sono mesi in cui non pesca niente o c’è maltempo, per questa ragione non ho mai voluto pesare sulle spalle dei miei genitori. Prendevo come esempio mio fratello più grande che già a 16 anni andava a vendemmiare e con i soldi che guadagnava si comprava il cellulare.

In quel periodo dentro di me non sentivo più nulla, non avevo più emozioni, andavo avanti per inerzia, non provavo alcun sentimento gioia, dolore, sofferenza …. Nulla.

Dopo anni l’anoressia si è trasformata in bulimia nervosa e io non riuscivo più a dimagrire. Ero scissa in due parti, una parte razionale che mi diceva “Lara non ce la puoi fare, devi chiedere aiuto” e quella irrazionale che sussurrava “più sei magra e più sei bella”.

La mia migliore amica aveva capito subito il mio problema, un giorno abbiamo cercato insieme un vestito per una Comunione ed io non riuscivo a trovare assolutamente nulla, alla fine ne ho comprato uno che ho fatto stringere alla nonna. Quando l’ho indossato tutti si sono accorti che io stavo male. Il vestito aveva una cintura sotto il seno che metteva in evidenza la mia assoluta magrezza, mia zia, sconvolta, mi ha costretta a raccontare tutto a mia madre, anche se immagino che già avesse compreso, ma non sapeva proprio più cosa fare.

A quel punto abbiamo cercato di fare una sorta di riabilitazione, però al Sud non è come al Nord, non c’è nulla di specifico. Avevo consultato privatamente una nutrizionista e una psicologa, ma non mi hanno saputo aiutare. In quel periodo si è ammalato anche mio padre e quando mamma lo accompagnava ad Agrigento per delle visite, io sarei dovuta andare dai terapeuti, ma non ci andavo, mentivo.

Non volevo essere aiutata e mia madre non sopportava più di vedermi così, è arrivata a dirmi: “Basta! io non t’aiuto più”. I rapporti con i miei genitori erano cambiati moltissimo, sono sempre stata una ragazza ribelle ma ero molto legata a mio padre e quando sono arrivata ad essere solo pelle ed ossa ho letto nei suoi occhi rassegnazione, sconfitta, rabbia.

Il giudizio pesava continuamente su di me, gli amici mi dicevano “sei troppo magra, non è che ti fai di cocaina?” Ma io, e ne sono fiera, ho avuto tutte le droghe davanti, da sniffare o da iniettare e non ne ho mai fatto uso. Ho detto NO perché mio padre si alzava alle 4 del mattino, indipendentemente dall’ora in cui era tornato, spendevo già parte del suo stipendio in cibo che poi buttavo, e già per questo provavo un fortissimo senso di colpa.

Poi per soffocare questo dolore immenso sono ricorsa all’alcol, mio padre ancora oggi non lo sa. Un giorno io e una collega di lavoro abbiamo deciso di bere un aperitivo, ho sentito che l’alcol mi toglieva la sensazione di fame, così ho iniziato a bere. Bevevo per stordirmi, per sentirmi in un mondo diverso, per non vedere i problemi, per non pensare.

Ho iniziato con un bicchiere alle 10 di sera poi sono diventati due, poi tre. Dalle 10 di sera ho iniziato a bere dalle 19, poi dalle 17. Mi alzavo al mattino e facevo attività fisica senza aver fatto colazione per bruciare più velocemente le calorie, assumevo delle pillole dimagranti e infine bevevo un bicchiere di latte che poi vomitavo. Verso le 10 del mattino iniziavo a bere e continuavo tutto il giorno. E bevevo, bevevo e bevevo ancora perché mi sentivo trattata male da mia madre quando invece il suo era solo dolore, disperazione e impotenza. Non ce la faceva più. I sensi di colpa nei confronti suoi ora mi stanno uccidendo.

Ma se tu avessi parlato con me in quel periodo, io ti avrei risposto che non avevo problemi col cibo, non avevo problemi con l’alcol, non avevo problemi di niente.

Ho cominciato a soffrire anche di insonnia, mi avevano dato degli psicofarmaci perché mi alzavo anche di notte e mi abbuffavo, bevevo dei cocktail di alcol e psicofarmaci …. una specie di droga ma non riuscivo comunque a dormire.

Stavo davvero male, pensa che ho dormito per un anno con una lametta di taglierino nel comodino ma pensando ai miei genitori e alla mia migliore amica non ho mai avuto il coraggio di usarlo.

Durante la malattia ho perso tutti gli amici, avevo chiuso la porta a tutti; non andavo neppure da mio fratello che vive di fronte a casa mia. Ho fatto un anno di auto isolamento, uscivo solo per fare la spesa, perché solo lì potevo comprarmi l’alcol.

Un giorno mi sono svegliata completamente priva di forze, non riuscivo neppure ad alzarmi dal letto o versarmi l’acqua nel bicchiere e mi madre mi ha accompagnata a fare degli esami del sangue che, quando il medico li ha visti le ha detto: “con questi valori mi chiedo come faccia a stare in piedi sua figlia”, avevo il potassio bassissimo, ho rischiato davvero tanto, ero arrivata al limite. Se alzavo una confezione d’acqua mi uscivano lividi ovunque, non potevo neppure grattarmi.

Ma io non avevo paura, avevo 27 anni, non avevo concluso nulla nella vita e ormai mi sembrava tardi, non riuscivo ad affrontare alcun tipo di relazione; non accettavo neppure un invito ad andare in pizzeria: la malattia si era impadronita di me, avevo davvero toccato il fondo.

Qualche mese prima di contattare Villa Miralago la mia migliore amica ha dato alla luce la sua quarta figlia, io sono andata a vederla, la bambina mi ha stretto il dito e in quel momento dentro di me è accaduto qualcosa.

Non me lo dimenticherò ma quel giorno. La mattina successiva mi sono svegliata, indossavo una camicia da notte gialla di quando avevo 7 anni, a fatica sono andata in bagno e ho visto allo specchio degli occhi troppo grandi, un viso terribilmente sciupato e un corpo che non aveva neppure le sembianze di un manichino perché un manichino aveva più forme di me. Ho avuto un flash, mi sono venute in mente la mia amica che mi dava tutti gli indirizzi dei centri di cura supplicandomi di farlo per lei, mia madre e mia zia che mi imploravano “ti prego Lara, fatti aiutare”.

Sono tornata in camera, mi sono spogliata e mi sono messa davanti allo specchio alto della nonna e ho visto solo ossa, non mi riconoscevo più, ho pensato “ma io dove sono? ma dov’è Lara?” In quel momento ho messo a nudo la mia anima e ho detto basta!

Sopra lo specchio c’erano le foto a cui tengo maggiormente: io e mio fratello da piccoli, la nonna e la mia cagnolina. Mio fratello rappresenta la mia vita e la nonna è sempre stata il mio angelo custode. E’ sempre stata sola, io non ho un nonno, e mi è sempre stata accanto. Quando se n’è andata, mi sono sentita persa, vicino a me non c’era più nessuno. In realtà i miei genitori non erano assenti, semplicemente erano sopraffatti dal dolore. Infine la mia cagnolina che amo tantissimo, lei mi vedeva quando mi abbuffavo e silenziosamente mi attendeva dietro la porta del bagno.

Mi sono infilata nuovamente la camicia da notte e sono andata da mia madre che mi aveva parlato di Villa Miralago, avevo deciso di farmi curare anche se avevo paura perché la clinica era troppo lontana.

Quando sono partita per venire in comunità provavo così tanta rabbia nei confronti di mia madre, ero convinta che fosse contro di me, anche se so che non lo sarà mai, le ho detto “io me ne vado e voi mi rimpiangerete” e lei mi ha risposto “tu vai per guarire, non vai a morire”. In quel momento non ho capito il suo dolore e me ne sono andata senza nemmeno salutarli ed è anche per questo che mi sento così in colpa.

I miei genitori mi mancano tantissimo, tra 13 giorni saranno 7 mesi che non li vedo e per me sono stati terribili. Se mia mamma fosse qui le direi “scusami mamma, ti prego perdonami”. Non so neanche come chiedere scusa a mio padre per tutti i soldi che ho sprecato in questi 12 anni di malattia, per tutte le volte che non li ho voluti seguire ai pranzi di famiglia dove c’erano tutti tranne me.

Questa è una malattia del c*** che ti comanda, entri in questo labirinto e non sai più come uscirne, ma tu devi essere più forte.

Tra le cose più belle che mi sono capitate qui dentro c’è quelle di essere riuscita a non toccare più un goccio di alcol in questi sette mesi, non è stato facile ma ci sono riuscita, oppure mangiare una pizza intera e mettermi sul divano a guardare la televisione anziché andare a vomitare. Quindi forse oggi Lara è diventata più forte della malattia.

Se dovessi parlare a ragazze/i che non sanno nulla di tutto questo direi loro:

“amatevi, fate in modo che le persone che non contano non vi uccidano, che non abbiano potere su di voi. Perché le persone che vi vogliono veramente bene non vi poteranno mai su cattive strade”





410 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Eleonora

Post: Blog2_Post
bottom of page