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Camilla IOnonESISTO On the road


Soprattutto direi che piuttosto che combattere inutilmente, è meglio rifletterci, perché c’è sempre qualcos’altro dietro al disturbo alimentare. Non si tratta solo di aver voglia o non averne di mangiare, c’è tanto altro sotto.


 

Sono Camilla, ho 23 anni e da sempre soffro di un disturbo del comportamento alimentare. Vengo dal mondo della danza, avevo un’insegnante che ci diceva che non dovevamo mci.angiare pasta, carboidrati, frutta, perché anche l’uva ad esempio contiene carboidrati e quindi fa male, le uniche cose concesse, secondo lei, erano l’insalata, i cetrioli, solo cibi ipocalori

In realtà all’inizio non davo molto peso a questi discorsi, ritenevo irrilevanti certi commenti, come era irrilevante quando paragonava le mie cosce a dei salami, però così irrilevanti forse non sono stati, perché hanno fermentato, fino a quando, a quindici anni, mi sono resa conto di quello che realmente mi stava accadendo, ma dal rendermene conto all’avere la consapevolezza di affrontarli ci sono voluti altri anni. Verso i diciotto anni ho iniziato a considerare questo malessere, perché mi sono resa conto che mi stava opprimendo, ed ho iniziato un percorso psicologico, che però non è andato a buon fine; forse non mi sono trovata bene con la psicologa, non sono riuscita a dire tutto quello che c’era da dire perché mi inventavo che stavo bene. Poi mi sono trasferita a Milano per frequentare un’accademia di danza aerea e acrobatica, avevo scelto di smettere completamente con la danza perché non ce la facevo più, ma la passione era tanto grande, non me la sentivo di rinunciare, del resto privandomene non risolvevo il problema.


A gennaio di quest’anno il disturbo si è aggravato, quindi ho deciso di andare a fondo di questa questione, mi sono rivolta all’associazione ABA, che si occupa di disturbi del comportamento alimentare, e ho cominciato una terapia di gruppo. All’inizio ero un po’ spaventata, raccontare la propria vita in presenza di altre persone non è così semplice. Però devo dire, anche se sono all’inizio del percorso, che mi piace, è bello stare con gente con cui si condividono determinate situazioni, ognuno ha una storia diversa, però certe questioni sono comuni, e si vivono le medesime emozioni. È anche bello incontrare persone che sono riuscite a superare il problema, soprattutto è molto diverso sentirsi dire alcune cose da uno psicologo o da uno psicoterapeuta, professionisti sicuramente preparati, piuttosto che da chi certe situazioni le ha vissute o le vive in prima persona. A suggerirmi questa associazione è stata la tutor della mia accademia, che è laureata in psicologia ma, ovviamente, non mi poteva seguire perché mi conosceva. Mi ha quindi fornito alcuni contatti tra cui questo, ed io ho preferito scegliere l’associazione, piuttosto che un singolo professionista.

All’inizio solo mia madre era informata del mio disturbo e del primo percorso psicologico che ho interrotto, credo che mio padre non se ne fosse mai accorto, perché io soffro di binge eating, però complice il fatto che sono normopeso, il problema non saltava all’occhio, come invece accadrebbe con un’anoressia o una grave obesità. Adesso mi sono trovata a dover dare giustificazioni e questo mi ha fatta uscire allo scoperto, mi sono detta che non doveva essere un problema, dopotutto se avessi avuto altre difficoltà, magari problemi fisici, non ne avrei fatto un mistero e quindi era inutile nascondere questa.

Esiste una marea di gente che soffre di questi disturbi, ma c’è ancora molta ignoranza in merito, intesa proprio come mancanza di conoscenza della tematica.

Se mi trovassi accanto ad una persona che ha questa patologia, intanto le direi che non è sola, non solo perché io la capisco, ma perché purtroppo c’è un mondo dietro a queste cose, e grazie anche alle altre esperienze si può anche guarire. Io ho l’esempio in famiglia di qualcuno che è guarito, e per me questo è un grande appiglio. Si può guarire, tutti ce la possono fare, anche nel gruppo di cui faccio parte c’è qualcuno che è alla fine del suo percorso e quindi ce l’ha fatta. Soprattutto direi che piuttosto che combattere inutilmente, è meglio rifletterci, perché c’è sempre qualcos’altro dietro al disturbo alimentare. Non si tratta solo di aver voglia o non averne di mangiare, c’è tanto altro sotto. Quando ad esempio a far male è un ginocchio, si indaga sulle cause del dolore, non ci si limita ad assumere farmaci per guarirlo.



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