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Eleonora


"Consideravo l’ospedale un luogo sicuro, protettivo, adatto a me. Tuttora l’ospedale rappresenta questo per me, un luogo dove mi sento protetta e curata. "


"Adesso sto iniziando ad andare in discoteca, mi sento un po’più libera, anche se certi giorni mi sento ancora legata alla malattia, a volte la considero ancora la mia migliore amica."


 

Mi chiamo Eleonora, ho quasi diciotto anni e soffro di anoressia nervosa. Dal 2021 ho iniziato una restrizione alimentare eccessiva, con intensa attività fisica, ho cominciato ad avere dei capogiri, la sensazione di vertigine e svenimento. Durante l’anno scolastico mi sono confidata con la professoressa di psicologia, perché il problema stava diventando troppo pesante per me, capivo che qualcosa non andava, che avevo preso una direzione sbagliata: io volevo solo perdere peso, senza ammalarmi. Raccontai tutto a questa insegnante che mi suggerì di parlarne con la psicologa della scuola. Non fu una cosa particolarmente utile, perché vedevo questa psicologa solo una volta al mese; lei cercava di fissarmi delle sedute ravvicinate, ma seguiva tanti alunni e di meglio non poteva fare. Verso la fine dell’anno scolastico le cose peggiorarono, incominciai ad avere problemi di amenorrea, e la dottoressa mi diede il nominativo di un centro per disturbi alimentari.

Coi miei genitori non avevo ancora parlato, perché non ero certa di cosa mi stesse accadendo. La psicologa mi ha incoraggiata a chiamare il centro il giorno stesso, dicendomi che se non avessi parlato del problema coi genitori li avrebbe chiamati lei. Allora, con l’aiuto della mia migliore amica, chiamai subito mia madre. Lei e mio padre inizialmente non compresero bene, perché non conoscevano queste malattie, inoltre io ero normopeso. Praticavo ginnastica artistica, ero abbastanza in carne e mi sentivo un po’ diversa dalle altre ragazze, desideravo cambiare qualcosa di me, e ne sento tuttora il bisogno. Comunque col tempo i miei genitori iniziarono a comprendere e chiamai questo centro privato, che però non aveva più posti. Allora mi affidarono ad una specialista che frequento ancora oggi, la dottoressa Ilaria Mercuri, psicologa e psicoterapeuta che mi segue da un anno e mezzo circa. Sono stata poi seguita dalla dottoressa Eugenia Dozio. Ho fatto diverse visite da uno psichiatra e da vari medici, perché ho avuto molti problemi al cuore e in particolare all’intestino. Ho dovuto assumere integratori perché ad un certo punto avevo perso tantissimo peso, ero arrivata a trentanove chili. Ricordo ancora il giorno in cui la dottoressa Dozio mi guardò dalla testa ai piedi e mi pregò in tutti i modi di seguire il piano dietetico, perché ogni volta che mi visitava andavo sempre peggio, l’organismo stava andando in decadimento. Quella volta mi diede ancora una settimana di tempo, dicendomi che se la situazione fosse perdurata mi avrebbe fatta ricoverare. Non nego che l’idea del ricovero mi rendeva felice, ma anche un poco spaventata, lo dissi subito a mio padre. Purtroppo però i miei genitori non capivano il mio disagio, pensavano che se avessi semplicemente ripreso a mangiare tutto si sarebbe risolto.


Purtroppo non è così, se fosse così facile non ci sarebbero queste malattie. Una settimana dopo tornai dalla dottoressa Dozio ed essendo riuscita a seguire più o meno il piano alimentare prescritto, lei non tornò sull’argomento del ricovero ed io ne rimasi delusa. La situazione migliorò, anche grazie agli integratori che mi aveva consigliato di assumere quotidianamente. Questo piano non l’ho seguito con costanza, spesso non assumevo gli integratori e così, verso marzo-aprile ho iniziato un day hospital grazie al quale sono cambiata completamente.

Mi si è aperto un mondo, perché consideravo l’ospedale un luogo sicuro, protettivo, adatto a me. Tuttora l’ospedale rappresenta questo per me, un luogo dove mi sento protetta e curata. Ho instaurato un rapporto molto profondo con la dottoressa Dozio, per me lei ha fatto quello che non hanno saputo fare i miei genitori, dandomi tantissima forza e insegnandomi molte cose; la stimo tantissimo, l’ho messa su un piedistallo e spero un giorno di diventare come lei.

Ad agosto del 2022, proprio il giorno in cui la dottoressa Dozio mi aveva prospettato il ricovero, postai un tik tok. Poco dopo mi contattarono due amiche chiedendomi se andava tutto bene. Risposi che purtroppo non era così, che soffrivo di anoressia e loro mi risposero che lo avevano capito, perché non uscivo più: infatti iniziavo ad avere problemi di depressione e di ansia, quindi uscire e rischiare che le persone mi vedessero come mi vedevo io non lo ritenevo accettabile. Le amiche mi hanno aiutata, mi chiamavano per la merenda, cercavano di farmi ragionare e riscoprire la vita, e lentamente sto ricominciando.

Anche i professori di scuola, soprattutto l’insegnante di psicologia, mi hanno aiutata tanto. Mi sono sentita accudita e protetta, e io ho un enorme bisogno di affetto e sostegno. Mi hanno sostenuta durante gli attacchi di panico, quando uscivo dalla classe avevo sempre la mia migliore amica al fianco. Ne ho parlato il primo giorno di scuola e tutti hanno compreso subito, si sono dimostrati dispiaciuti, col tempo hanno visto che peggioravo e tutti avevano paura. Ancora oggi mia madre dice che ha avuto paura di perdermi quando avevo i battiti del cuore e la pressione bassissima, e il mio organismo peggiorava via via. Molti amici mi sono stati sempre accanto, solo le compagne di ginnastica non si sono più fatte sentire: pur sapendo e vedendo cosa stava succedendo, sono sparite completamente, come pure l’allenatrice.

Con il recupero del peso è molto dura. Ho sempre in testa quel giorno del 2022 (adesso mancano pochi giorni all’anniversario), quando mi sono sentita felice all’idea del ricovero; ricordo sempre l’immagine di una Eleonora sofferente, ridotta ad uno scheletro, come qualcuno mi ha definita, perché purtroppo qualcuno affibbia dei nomignoli quali “scheletro”, “mummia”. Quando ripenso a quel corpo, certe volte vorrei ritornare così, perché avevo ed ho ancora una dispercezione corporea, non mi piaccio e mi vedo più grossa dei quello che sono in realtà.

Se dovessi dare un consiglio ad una ragazza che ha questi problemi le suggerirei di parlarne al più presto, perché potrebbe peggiorare, cosa pericolosissima, considerando che di questa malattia si muore. A chi, come è accaduto a me, dovesse aver paura dei farmaci, direi che invece i farmaci aiutano tantissimo. Grazie ai farmaci ho ritrovato in parte l’equilibrio; certo non del tutto, perché è un percorso molto lungo, pieno di salite, ma ne sono consapevole. Adesso sto iniziando ad andare in discoteca, mi sento un po’più libera, anche se certi giorni mi sento ancora legata alla malattia, a volte la considero ancora la mia migliore amica.




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