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Alessandro Fermi



"Un’esperienza del genere ti insegna che può capitare a chiunque; a me quello che ha insegnato è che non puoi pensare di categorizzare alcune persone che possono avere una determinata predisposizione, che questo tipo di malattia, di problematica non conosce età, non ha livello sociale, livello d’istruzione, non ha alle spalle una buona o cattiva famiglia. Mi ha insegnato che può capitare a chiunque e le cause che scatenano questo tipo di disturbo secondo me sono ancora oggi ignote per cui nessuno può considerarsi fuori dal pericolo."


 

Sono Alessandro Fermi, Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia.

Ho sostenuto con grande convinzione la Legge n° 2 del 23 febbraio 2021 per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell'alimentazione e il sostegno ai pazienti e alle loro famiglie, perché secondo me è una Legge innovativa che ringrazia le tante associazioni che si occupano di un tema troppe volte dato per scontato o che riteniamo di secondo piano rispetto ad altre situazioni. In realtà quello dei Disturbi Alimentari è un tema importantissimo, su cui in Italia non esiste ancora una cultura così ampia e diffusa come invece dovrebbe esserci.

Quando Simona Tironi mi ha parlato di questa Legge, ho sostenuto in modo assolutamente determinato e convinto l’iter di approvazione e la sua condivisione da parte di tutto il Consiglio Regionale, cosa che peraltro è accaduto perché è stata una Legge particolarmente apprezzata. Anche altre Regioni stanno traendo spunto da questa Legge, per poterla promuovere nelle proprie realtà. Credo che questa Legge meriti di essere ricordata tra gli atti di questa legislatura, perché ha avuto la capacità di affrontare con serietà un tema così importante e il fatto che possa essere un modello per altri territori è la certificazione che essa ha centrato l’obiettivo.

Conoscevo poco dei disturbi del comportamento alimentare; mi aveva però colpito, in alcune occasioni in cui avevo visitato gli Stati Uniti, constatare quanta poca attenzione venga posta sulla cultura alimentare in generale, oltre che su patologie specifiche quali bulimia e anoressia, con una scarsissima predisposizione ad affrontare questi temi per un paese come l’America che spesso è ritenuto essere molti anni avanti rispetto all’Italia.


Il dramma dei DCA però, come tante altre persone che hanno incrociato il destino di persone affette da queste patologie, l’ho vissuto quando una mia carissima amica è deceduta giovanissima, a poco più di 25 anni. Era sempre stata una ragazza solare, una ragazza a cui non mancava niente, sportiva, ma che poi è finita all’interno di un meccanismo mentale che l’ha portata nel tunnel dell’anoressia, fino alla morte.

Da lì ho iniziato ad approfondire un poco il tema. Anche nei ruoli istituzionali che ho ricoperto in passato, ad esempio da Sindaco, ho cercato di non sottovalutare quei segnali, quei campanelli d’allarme che mi riportavano alla mente la vicenda di Giuditta. Agire per tempo, essere tempestivi quando si osservano certi meccanismi mentali che scattano nelle persone, soprattutto nei giovani rispetto al tema dei disturbi del comportamento alimentare, è la cosa più importante perché purtroppo se non presi per tempo la correzione diventa estremamente difficile.

Quindi una Legge che prova a stimolare una presa di coscienza sulla tempistica, su quei segnali che possono essere piccoli, apparentemente trascurabili all’inizio se non si è esperti, cogliere quei campanelli d’allarme è fondamentale. Ed è fondamentale che la formazione e l’informazione rispetto questi segnali d’allarme che a volte vengono sottovalutati sia la più diffusa possibile, soprattutto all’interno di alcuni ambiti come quello giovanile e scolastico; e far capire che gli atteggiamenti di emulazione, se non correttamente gestiti, possono a volte diventare un problema. L’esperienza personale che ho avuto, dolorosa, mi ha fatto capire che i disturbi alimentari sono un tema serissimo. Del resto oggi i numeri ci danno uno spaccato della realtà assolutamente peggiore rispetto a quando ho vissuto quest’esperienza, ormai vent’anni fa. Questo fenomeno è aumentato tantissimo e lavorare nella direzione di far sì che le persone sappiano non sottovalutare alcuni sintomi, alcuni atteggiamenti, alcune parole, alcuni gesti, è qualcosa di importantissimo: perché può salvare vite.


La sensazione che ho provato a suo tempo di fronte a questa malattia è stato un sentimento di grande impotenza, sebbene io sia stato vicino a Giuditta da quando ho capito che quello che poteva essere una sbandata momentanea era diventato un grave problema. Il sentimento che si prova di fronte a situazioni non dico ormai irrisolvibili ma incancrenite è proprio una grande impotenza, non sai cosa fare, non sai come aiutarli, non sai qual è la parola giusta, il consiglio giusto. L’ultimo consiglio che mi ricordo e che lei non voleva mai sentirsi dire era quello che molti le davano, che avrebbe avuto bisogno di andare da uno psicologo e lei diceva “ma tu pensa, questi credono che io sia matta” .

Quindi anche la formazione su come approcciare questi casi è importante, perché il sentimento che avevo io che ero un suo caro amico, ma che avevano anche i suoi genitori, è quello di non sapere come aiutarla, un po’ la stessa sensazione e la stessa impotenza che ritrovi in alcuni casi quando si parla di depressione: non capisci perché una persona sia triste perché è depressa, non capisci perché una persona soffra di disturbo alimentare perché sembra una cosa contro natura, eppure è qualcosa di serio, è una malattia non è uno stato d’animo.

Il sostegno e la formazione ai genitori sono fondamentali. La possibilità che le famiglie possano cogliere quei campanelli d’allarme e possano sapere a chi rivolgersi e capire come aiutare, come non sottovalutare situazioni di questo tipo è l’unico modo per provare a salvare alcune vite.

Un’esperienza del genere ti insegna che può capitare a chiunque; a me quello che ha insegnato è che non puoi pensare di categorizzare alcune persone che possono avere una determinata predisposizione, che questo tipo di malattia, di problematica non conosce età, non ha livello sociale, livello d’istruzione, non ha alle spalle una buona o cattiva famiglia. Mi ha insegnato che può capitare a chiunque e le cause che scatenano questo tipo di disturbo secondo me sono ancora oggi ignote per cui nessuno può considerarsi fuori dal pericolo.









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