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Alice


"...questo è il mio 10° ricovero "



 

Sono Alice ho 21 anni, ho cominciato a soffrire di disturbi alimentari nel 2015 e questo è il mio 10° ricovero. E’ molto tempo che combatto contro l’anoressia ma solo adesso, nei pochi momenti di lucidità che ho, mi rendo conto di ciò che la malattia mi ha portato a fare e ad essere.

Frequentavo una scuola paritaria, andavo a scuola anche al pomeriggio.

In questa scuola sono stata pesantemente vittima di bullismo sia psicologicamente che fisicamente, mi dicevano di tutto e di più: “sei un ratto, sei bruttissima”, mi lanciavano le lamette del temperino e dicevano “tagliati le vene che fai un favore a tutti”.


A volte subivo bullismo anche dagli insegnanti, sono stata chiamata “cesso” da un professore davanti a tutta la classe e questa cosa mi ha ferito moltissimo.


Questi episodi avvenivano soprattutto durante il pasto nella pausa tra le lezioni, quindi ho cominciato a restringere l’alimentazione, non perché volessi perdere peso ma perché volevo andare via da quella stanza, via da quelle persone perché non ce la facevo più a stare con loro.

Questo è stato il motivo iniziale, poi un giorno mi sono pesata e ho notato che avevo perso due chili. Ho provato una bella sensazione, questa cosa mi è piaciuta, così, sporadicamente, ho continuato. Restringevo per due settimane. poi tornavo a mangiare normalmente, restringevo di nuovo per cui il peso si era stabilizzato.

Successivamente ho cominciato maggiormente a restringere rispetto alle volte in cui mangiavo normalmente, ma non mi ero resa conto che poteva trattarsi di un disturbo alimentare perché non conoscevo queste malattie, non facendolo di continuo pensavo fosse tutto normale.

Un giorno ho deciso di comprare una bilancia nuova, perché quella che avevo era ancora di quelle con l’ago, la volevo digitale per poter controllare anche gli etti. Sono andata all’Ikea con la mia famiglia mi sono impuntata e l’ho comprata.

Arrivata a casa mio papà, che non sapeva nulla mi disse dai proviamola”, all’inizio non volevo pesarmi, poi mi sono pesata, ero 35 chili.

Ho cambiato scuola per via del bullismo e qualche chilo l’ho ripreso. In questa nuova scuola mi sono trovata meglio, ho conosciuto le mie prime due amiche Sara e Linda, con loro mi sentivo a mio agio, le cose andavano meglio ed ho avuto un periodo di benessere.

In quinta superiore però, verso metà settembre, ho avuto il crollo che mi ha portata nel mese di dicembre a pesare 28 chili.


All’inizio i miei genitori non si erano resi conto di questa cosa, probabilmente si erano accorti che mangiavo un po’ di meno, penso che abbiano compreso quale fosse la reale situazione quando hanno visto che ero deperita e non mangiavo più.

Sembra strano, ma io in quel periodo ero contenta, dentro di me sentivo che stavo facendo qualcosa nella vita; prima mi sembrava di essere semplicemente bloccata in una ruota a fare tutti i giorni la stessa cosa.

Perdendo peso mi sentivo capace di fare qualcosa, mi sentivo forte, ma non è che ho imparato ad amarmi di più perché poi è spuntata la dispercezione.


Forse non mi sono mai vista realmente: nonostante mi svegliassi alle 4 del mattino per truccarmi, per essere perfetta per andare a scuola, ho sempre pensato di essere la ragazza più brutta del mondo.


Guardavo i video di una ragazza che si definisce “la ragazza più brutta del mondo” perché è nata con delle deformazioni fisiche, e pensavo “no, io sono più brutta di lei”.

Quindi dicevo “ok, se il viso non lo posso cambiare, almeno cambiare il corpo mi servirà a qualcosa.”

Credevo che la bellezza sia ciò che piace agli altri ed io volevo essere bella, facevo di tutto per essere bella e all’inizio della malattia ero convinta fosse giusto così, che ne valesse la pena, adesso se penso a tutto quello che ho fatto non lo so.



Per me lo specchio era la cosa più importante, ci passavo le giornate davanti, non solo, ma anche quando camminavo per strada mi fermavo davanti alle vetrine dei negozi per guardarmi. Poi è subentrato un totale rifiuto dello specchio, non riuscivo più a guardarmi, stavo troppo male.

Per me la perfezione è tutto, è una continua ricerca non è un punto d’arrivo. Quando mi dicono che la perfezione è ciò che ci rende unici con le nostre imperfezioni lo penso che valga solo per agli altri, ma non per me.

Credo di non essermi mai voluta bene, anzi, penso di essermi odiata molto. Mi sono fatta anche del male fisico, già quando ero alla scuola media, ancora prima del disturbo alimentare: l’autolesionismo è un modo per anestetizzare il dolore.


Ho anche tentato il suicidio anche se poi in realtà non ci sono riuscita, era quello il mio pensiero.

Quando si prova così tanto dolore, sembra l’unica soluzione, vedi solo il dolore e non vedi nient’altro.


Non vedi il futuro, non vedi le persone che ti stanno attorno, non vedi niente, vedi solo quella strada; dici “l’unica cosa che posso fare di buono nella vita è morire” perché tu non sei capace di fare nient’altro e nessuno vuole che tu faccia nient’altro quindi quello è il tuo destino.

Tra i miei genitori non ho mai visto molto affetto, non li ho mai visti abbracciarsi, baciarsi o cose simili quindi io non sono molto abituata all’amore. Mi è stato detto che ero amata ma forse non ci ho creduto fino in fondo.

Paradossalmente ho sentito più affetto negli ospedali, qui a Villa Miralago dove ho imparato anche a riceverlo. Nonostante io faccia fatica a relazionarmi con le persone e non mi sia legata a qualcuno in particolare, il solo fatto di salutarsi la mattina o quando qualcuno mi dice “come sei bella” o semplicemente quando qualcuno mi dà un abbraccio per me significa tantissimo.

La solitudine mi ha accompagnata ogni giorno prima di venire qui, non mi ha mai abbandonata, mentre gli abbracci mi fanno sentire la vicinanza delle persone, mi fanno capire che non sono sola, sono una delle dimostrazioni d’affetto più belle per me.

Ho sempre sognato di vivere in America, a New York e fare la scrittrice anche se la malattia mi ha fatto trascurare molto la scrittura.

La scrittura è il mio modo di parlare perché io solitamente ho molta difficoltà ad usare le parole, scrivere è l’unico modo per esprimere quello che penso, quello che sento e quello che vedo nel mondo. E’ un modo di comunicare, non verbale che rimane.

Ora vorrei trovare la felicità, la mia strada, qualcosa che mi faccia star bene.

La felicità per me è la libertà di essere ciò che sei, è una spinta vitale, è qualcosa che ti fa andare avanti anche se succede qualcosa di brutto pensando solo alle cose buone che hai. La felicità ti fa sorridere.



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Eleonora

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