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Anna, Luisella Paola e Valentina

Siamo Anna, Luisella,

"A volte sono in sala pasto e le vedo piangere davanti ad un piatto e queste lacrime fanno male anche a me, anche se nessuna di noi ha mai sperimentato queste dinamiche."


 

Paola e Valentina , le donne delle pulizie. Ci occupiamo della pulizia di tutta la struttura: spazi comuni, camere, lavanderia e cucina.

Il nostro, rispetto a quello di tutto il personale sanitario, sembra un lavoro umile, ma in una realtà come questa comporta anche una responsabilità, perché è molto diverso da quello che si svolge normalmente in altri luoghi, come ad esempio gli uffici, che durante il lavoro di pulizia sono deserti.

Abbiamo a che fare con ragazze e ragazzi con problematiche particolari. Quando riordiniamo le camere dobbiamo prestare molta attenzione, perché a volte troviamo oggetti che apparentemente sono innocui, ma qui possono diventare molto pericolosi per gli ospiti.

Capita di trovare un semplicissimo chiodo, ma qui ci sono ragazze che soffrono di autolesionismo e con questo oggetto potrebbero ferirsi. In questo caso raccogliamo questi oggetti e avvisiamo gli educatori.

Può anche capitare, come è accaduto ad Anna,di trovare una ragazza che si è fatta del male e devi correre a chiamare gli infermieri. Qui non sei semplicemente una donna delle pulizie.


Noi siamo quasi tutte mamme e quando capitano queste cose fanno male, ci chiediamo quanto dolore possa spingere una persona ad arrivare a tanto.


Cerchiamo di aiutare gli ospiti in tutti i modi e poi dentro di noi proviamo una grande agitazione.

Finché si lavora fuori da queste comunità è difficile comprendere queste malattie, le loro dinamiche e gli atteggiamenti conseguenti, si comprendono solo entrando in questa realtà.

Io lavoro in cucina e spesso mi chiedo cosa provano realmente queste ragazze, non riesci a spiegarti il perché di tutto questo, perché si vogliono far del male. A volte sono in sala pasto e le vedo piangere davanti ad un piatto e queste lacrime fanno male anche a me, anche se nessuna di noi ha mai sperimentato queste dinamiche.

Sicuramente si tratta di persone bisognose di attenzione, quando si comportano in un determinato modo hanno bisogno di sentirsi amate, cercano affetto.

Le ragazze ci vedono un po’ come mamme o zie e molte ragazze al mattino ci vengono a cercare, ci abbracciano, ci danno un bacio, si ha davvero l’impressione che siano alla ricerca di affetto.

Sebbene siamo le addette alla pulizia, diventiamo parte di questa famiglia, ci affezioniamo a loro e loro ricambiano questo sentimento.


Non si può mantenere un distacco, restare indifferenti di fronte alla loro sofferenza, sentirle piangere spezza il cuore e a volte questo dispiacere lo si porta a casa.

Gli ospiti in questa struttura sono molto seguiti. Io lavoro qui da parecchi anni e ho visto tante ragazze arrivare, piangere e disperarsi perché non volevano rimanere e poi al momento delle dimissioni non volevano andarsene, erano dispiaciute, piangevano perché andavano via.

Le ragazze spesso ammettono anche con noi di aver tratto un grande beneficio dalla permanenza in comunità, dicono che sono diventate persone diverse. Arrivano piangendo e se ne vanno piangendo, ma in modo diverso.

Spesso quando vanno a casa in permesso hanno anche paura e ci dicono “boh vediamo come sarà, mi spaventa un po’ l’idea di tornare a casa”: qui dentro si sentono protette.

Altre volte si vedono dei cambiamenti inspiegabili; sembra che tutto proceda bene e invece poi cominciano di nuovo a non voler mangiare e i loro occhi tornano tristi.

Durante il lockdown lavorare qui non è stato difficile, perché le ragazze sono state molto collaborative. Ovvio, il non vedere i familiari per loro è stato difficile, la voglia di uscire e di tornare a casa c’era, la difficoltà di quelle che dovevano stare in isolamento era evidente, però è andato tutto bene. La domenica era il momento più difficile ma facevano giochi insieme e cercavano di organizzarsi nel migliore dei modi.

Come dicevamo prima è molto diverso lavorare qui rispetto ad altri posti, qui si partecipa alla loro vita, vedi il loro cambiamento giorno per giorno, dal primo giorno a quando escono. Tutti interagiscono con le ragazze, ognuno in base al proprio ruolo, ci sono giustamente delle regole e loro sanno che fin dove possiamo accontentarle lo facciamo, comprendono anche il limite che non può essere superato.

Ci sono molti momenti dove si gioisce e si ride delle piccole cose: quando una ragazza ti abbraccia semplicemente perché hai tolto una ragnatela dalla sua stanza, oppure quando ti chiedono come devono fare a lavare un paio di mutande.

Questo tipo di lavoro deve piacere, non si può svolgerlo solo per guadagnare uno stipendio; se lo si fa volentieri non pesa, si finisce la giornata stanche ma soddisfatte.

Io sono contenta di lavorare qui,a contatto con le ragazze, la giornata non mi pesa e il tempo vola via velocemente.

Io sono l’ultima arrivata in ordine di tempo, all’inizio, conoscendo il problema solo attraverso la televisione o le riviste, non sapevo cosa aspettarmi in questo ambiente, mi chiedevo “chissà come sarà”,invece mi piace molto. Mi piace parlare con le ragazze, mi piace vederle.

Queste ragazze ti danno tanto, quando arrivi, magari nel weekend, dopo aver lasciato a casa la famiglia, molte di loro ti accolgono festosamente e il cuore si riempie di gioia. Quando finiamo il turno pomeridiano alle 21,30, le ospiti stanno guardando la televisione, alcune di loro ti abbracciano, ti salutano, chiedono se domani sarai in servizio: si ritorna a casa contente.

Questa struttura è una grande famiglia e c’è molto affiatamento tra chi ci lavora. Qualunque sia il compito che si svolge qui, non si riesce a rimanere indifferenti e ci si prende a cuore tutti gli ospiti.





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Eleonora

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