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Beatrice IOnonESISTO on the road




Liliana: Ciao Beatrice, ti va di raccontarci la tua storia e il tuo vissuto con i disturbi del comportamento alimentare?

Beatrice: Sì, certo. Io ho iniziato a 9 anni con le prime diete perché non mi vedevo abbastanza magra rispetto alle mie compagne di scuola e di ginnastica artistica; alternavo periodi che duravano qualche settimana in cui perdevo peso ad altri in cui continuavo con un’alimentazione normale, e così via ricominciavo il ciclo. Questo è durato fino alle medie e passavo le intere estati chiusa in casa perché mi vergognavo troppo a mostrare il mio fisico agli altri; non mi permettevo di andare in piscina o di andare in spiaggia perché mi ritenevo troppo pesante. Non ero mai abbastanza in niente, né a scuola, né a ginnastica, né per mia mamma, né per mio padre, mi vedevo solo come un fallimento. In prima superiore ho iniziato ad andare molto bene a scuola, mi impegnavo molto e da quel momento ho ripreso con costanza la dieta. Persi molti chili e fu la prima volta che sentii un senso di gratificazione per qualcosa che sapevo fare; sentivo di avere il controllo di tutta la situazione ed inoltre le persone attorno a me mi facevano i complimenti: ero quella perfetta, quella brava a scuola, quella che sapeva fare tutto, quella che perdeva peso, era come se la bambina Beatrice che non sapeva fare nulla si fosse trasformata in un prodigio.

Nella mia famiglia c’erano già stati dei casi di disturbi alimentari perché mia mamma soffriva di binge eating da piccola. Ho sempre sentito un certo dovere di restare normopeso o sottopeso perché lei non voleva che mi ammalassi del suo disturbo e mi ha sempre detto di dover essere magra. Sono sempre cresciuta con la paura di ingrassare perché in un certo senso avevo paura di deludere mia mamma.

Quando facevo ginnastica artistica una volta la mia allenatrice fece un commento sul mio fisico e mi chiamò “foca”, mentre quando vide che stavo perdendo peso si congratulò con me. Questa cosa mi spinse a voler continuare a dimagrire, visto che io volevo essere la migliore anche nello sport. Poi iniziò un periodo di abbuffate, dalla seconda alla quarta superiore, ma facevo tantissimo sport, camminavo tantissimo e i giorni seguenti digiunavo: un ciclo che si ripeteva che è andato avanti per due anni e mezzo. In terza superiore mi sono affidata ad un centro per disturbi alimentari ad Aosta solo che non ottenni molti risultati, anzi nacque in me il confronto con le altre pazienti: io in quel caso volevo essere la più malata.

Nel 2020 durante la pandemia venni ricoverata a Brusson, in una clinica in Valle d’Aosta per sei mesi; uscendo sembrava che le cose stavano andando un pochino meglio per quanto riguarda l’alimentazione, ma iniziarono i miei primi tentativi di suicidio; quindi venni ricoverata in psichiatria e ricaddi anche nel disturbo alimentare, in anoressia. Persi di nuovo molto peso e venni ricoverata in ospedale.

Lì ho ricevuto molto affetto dagli operatori del reparto, mi sono sentita piccola, proprio come volevo sentirmi in anoressia. Io ho molta paura di crescere; è come se attraverso l’anoressia in quel momento fossi ritornata piccola, gli adulti e gli operatori intorno a me mi trattavano come se fossi piccola, quindi avevo ottenuto il mio scopo. Poi nel maggio 2021 venni ricoverata di nuovo a Brusson ma soltanto per un mese perché io non volevo assolutamente guarire: volevo essere la più malata e niente mi avrebbe fatto cambiare idea. Mi sentivo onnipotente, come se riuscissi a fare tutto. Poi le cose sono andate peggiorando perché sono ricominciate le abbuffate e a settembre dell’anno scorso sono stata ricoverata a Villa Miralago fino ad aprile. Mi sono trovata molto bene, ho lavorato su tante cose, su me stessa, sul mio passato, che mi hanno fatto capire anche chi sono oggi. Non sono ancora guarita dal mio disturbo alimentare, lo sento ancora molto forte in me. Mi capitano ancora giorni in cui digiuno e giorno in cui mi riempio di lassativi. Però ho acquisito degli strumenti che porterò per il resto della vita. Mi porto dietro anche un’amicizia fantastica, quella con la mia compagna di stanza. Il problema più grande però è che a Villa Miralago sono caduta in depressione e ora sto facendo molta fatica su questo punto di vista. Adesso sono seguita dalla mia psicologa che mi seguiva già a Brusson e dalla mia psichiatra che mi segue da quattro anni e con cui ho un ottimo rapporto. Mi ha salvato la vita perché nei momenti in cui davvero non volevo farcela lei mi ha sempre aiutata. Francesca: Pensi sia importante fare informazione e sensibilizzare su questa problematica? Beatrice: Sì assolutamente. Secondo me nella società c’è ancora molta ignoranza. Lo vedo anche con le persone che mi sono accanto; spesso non capiscono e vedono il disturbo come una cosa stupida, non capiscono il problema psicologico che c’è dietro.

Francesca: Cosa avresti voluto sentirti dire quando stavi molto male? Beatrice: Che non sei solo. Che c’è sempre qualcuno disposto ad aiutarti ad uscirne fuori.

Liliana: Perché sei venuta qui oggi?


Beatrice: Io vivo in Valle d’Aosta e oggi sono venuta apposta qui perché volevo metterci la faccia anche io.

Non sono in grado di dare consigli, sarebbe come prendere in giro me stessa. Però posso dire, perché l’ho provato sulla mia pelle, che si può sempre stare meglio.




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