top of page

Giorgia


"...Questo è anche il motivo per cui oggi mi racconto, perché vorrei che una persona che soffre di un disturbo alimentare non venisse giudicata, non deve sentirsi in colpa, non deve provare vergogna ma deve essere presa per mano, compresa e aiutata..."


 

Mi chiamo Giorgia, ho 24 anni e sono di Perugia. Per otto anni ho sofferto di bulimia nervosa e vorrei raccontare la mia storia per testimoniare che dai disturbi alimentari si può guarire.

Tutto è cominciato alle scuole medie con una semplice dieta “fai da te”: mi vedevo le gambe grosse e pensavo che grazie a quella dieta sarebbero diventate più sottili e sarei stata accettata. In realtà col tempo mi sono resa conto che non era l’aspetto fisico da dover migliorare o cambiare, ma era la parte interiore di me.

All’inizio ero in quella fase della malattia che viene definita “luna di miele”; avevo perso i primi chili e gli amici mi facevano i complimenti:“wow Giorgia stai bene, sei dimagrita, ti vedo meglio”. Inizialmente questa malattia ti fa sentire forte perché pensi di avere il controllo su tutto, ma è solo un’illusione perché poi inizia a cambiarti e piano piano ti toglie tutto.

Io amavo la pallavolo ma ho smesso di praticarla, ho perso tutti gli amici, tranne due che non mi hanno mai abbandonata e tutt’ora mi sono vicini. La malattia ti fa spegnere.

A 18 anni ho toccato il fondo, ero stanca di vomitare anche sette volte al giorno:era diventato per me una normalità e quando il disturbo alimentare diventa normalità è grave. In quel periodo un giorno ho assunto delle pastiglie e mi hanno ricoverata in ospedale, lì mi sono resa conto che non avevo fatto quel gesto perché volevo realmente morire, era piuttosto un grido d’aiuto verso quelle persone che non si accorgevano di me.

Utilizzavo il cibo per riempire il vuoto della solitudine, restare sola era la cosa che mi faceva più paura; poi vomitavo perché mi sentivo in colpa per l’abbuffata e mentre lo facevo avevo la sensazione di vomitare anche il mio dolore. Mi odiavo e dovevo cercare dei metodi per distruggermi e il vomito per me era uno di questi.


Poi subentra una sorta di dipendenza simile a quella che un tossicodipendente prova nei confronti della droga: se non lo facevo per alcuni giorni ne sentivo proprio la necessità, avevo difficoltà a gestire le emozioni senza riempirmi di cibo.

Una persona che soffre di bulimia si abbuffa, non ha più la percezione del gusto o del sapore, mangia qualsiasi cosa in maniera automatica, mi è capitato di mangiare cibi freddi o cibi che erano da buttare, se ci penso ora provo anche schifo, ma in quel momento mangiavo tutto quello che trovavo.

I disturbi alimentari giocano un ruolo molto importante anche nelle relazioni sentimentali, io per la paura di essere abbandonata ho sempre creato delle relazioni molto possessive, le mie paure sfociavano nella gelosia e finivo col distruggere il rapporto.

Anche nel rapporto coi miei familiari mi ero completamente chiusa, con loro non parlavo più di niente e loro litigavano spesso.

Durante la malattia mi mancava un abbraccio, ma gli altri non riuscivano a capire che non avevo fame di cibo, avevo bisogno di amore, di affetto di comprensione, di parole, di accettazione.

Le parole hanno avuto un grande peso, mi hanno ferita a scuola quando i compagni mi prendevano in giro oppure quando uscivo e avevo gli occhi puntati addosso; sentivo il bisogno di dover sempre essere la più brava a scuola, la figlia perfetta e se non lo ero andavo in crisi.

Questa malattia in definitva ti costringere a indossare una maschera, poi però questa cade e tu crolli.

Ho sempre cercato di evitare specchio e bilancia, non mi pesavo mai ma percepivo il mutamento del mio corpo col tatto, mi toccavo e mi misuravo con le mani.

Di quel periodo ho pochi ricordi, perché le giornate erano quasi tutte uguali; se mi chiedessero dov’era finita Giorgia in quegli anni non saprei rispondere, perché Giorgia era la malattia che mi faceva sentire forte e al contempo molto fragile.

La bulimia è una malattia subdola, perché io sono sempre stata normopeso e quindi per gli altri era difficile capire la mia soffernza, mentre in una persona che soffre di anoressia la malattia è evidente.Quando si parla di disturbi alimentari si pensa solo alle persone sottopeso o alle persone in sovrappeso, ma il dolore di una persona non si giudica solamente dal peso.

Questo è anche il motivo per cui oggi mi racconto, perché vorrei che una persona che soffre di un disturbo alimentare non venisse giudicata, non deve sentirsi in colpa, non deve provare vergogna ma deve essere presa per mano, compresa e aiutata.

Nel mio caso sono stata io a prendermi per mano e a decidere di chiedere aiuto. Finita la maturità ho scelto di entrare nella struttura di Palazzo Francisci a Todi, dove sono stata ricoverata quasi cinque mesi e dove è iniziata la mia rinascita.

Essendo stata mia la scelta di guarire, volevo a tutti i costi cambiare la mia vita e quindi ascoltavo ciò che mi veniva detto dai medici, mi fidavo di loro. Non è stato facile, ci sono voluti sforzi per mangiare nuovamente la pasta e tutti quegli alimenti che all’inizio mi facevano paura perché mi avrebbero fatta ingrassare. Poi mi sono resa conto che i problemi da risolvere non erano con il cibo, che dietro a questo c’era tutt’altro, e quindi a volte mi sedevo a tavola contenta perché riuscivo a mangiare nuovamente cibi che non assaggiavo da anni.

E’ stato un processo lungo e difficile, perchè la malattia ti anestetizza, non ti fa provare più alcuna emozione. Anche quando ho iniziato i primi colloqui col terapeuta non sapevo cosa dire, erano incontri basati più sul silenzio che sulla parola, non riuscivo a esprimermi, non dicevo nulla. Non sapevo ciò che provavo, se ero felice, se ero triste, non ero in grado di descrivere le mie giornate, era tuttto piuttosto confuso. La mia vita era basata solo su numeri: peso, calorie, passi.




Quando una persona esce da una comunità terapeutica non è completamente guarita, perché da un disturbo alimentare non si guarisce in pochi mesi, è un processo molto lungo e a volte servono anni. Sono uscita da Palazzo Francisci a 19 anni, ora ne ho 24, in questi anni non ho avuto ricadute e, se ripenso alla Giorgia di qualche anno fa che passava le giornate ad abbuffarsi e a vomitare, per me questo è un grandetraguardo. Oggi per me mangiare un piatto di pasta o una pizza è come per un bambino assaggiare per la prima volta la Nutella, ogni volta è una conquista, sto riscoprendo i gusti, i sapori e tutto ciò che è legato in modo sano al cibo compresa la convivialità.

Per me ora la bellezza non è più una questione estetica come lo era un tempo, ma è quello che le persone hanno dentro, è il cuore, l’anima.



Adesso ho ritrovato Giorgia e durante il lockdown, che è stato un periodo molto pesante, ho deciso di richiamare lo psicologo che mi seguiva a Todi, perché mi rendevo conto che pur avendo eliminato le abbuffate e il vomito, c’erano ancora degli atteggiamenti e dei comportamenti che volevo capire, come pure le dinamiche familiari, ed ho ripreso un percorso: ho proprio voglia di scoprire com’è fatta Giorgia. Adesso sto cominciando a vivere sul serio.

Vorrei dire alle persone che soffrono di un disturbo alimentare di chiedere aiuto senza vergogna perché una via d’uscita esiste,anche se a volte sembra impossibile. Tempo fa definivo Giorgia solo come una persona bulimica, ma ora posso dire che se ne può uscire davvero, che non è semplice ma bisogna crederci perché una volta terminato l’incubo diventi una persona diversa, e tutto il dolore che provi ti insegna qualcosa. Io non voglio tornare mai più in quelle condizioni e cercherò a tutti i costi di essere la persona che decido di essere e non quello che vorrebbero gli altri.

La malattia mi ha insegnato a vivere e mi ha fatto capire che spesso quella sbagliata non ero io ma forse erano le persone che avevo intorno e che la bellezza non è una cosa esteriore ma è tutt’altro, che devo smetterla di indossare una maschera ed essere me stessa, perché è la cosa più bella.



277 visualizzazioni2 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Eleonora

Post: Blog2_Post
bottom of page