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Marilisa


“ ho visto Sara, non mia figlia”.


 


Mi chiamo Marilisa, sono una mamma. La mamma di Sara, malata di anoressia da parecchi anni.

Mi sono accorta che Sara non stava bene verso i 10/11 anni, aveva dei comportamenti particolari, però non riuscivo a capire quale fosse la ragione, perché questa malattia la conoscevo solo superficialmente, non mi apparteneva e non immaginavo che si trattasse di una malattia così complessa.

Mi ero accorta perché, sì, qualche segnale l’aveva manifestato ma la mia vita era comunque lineare, mia figlia era una ragazza solare. Mia figlia seguiva la sua strada, io la mia e la nostra vita procedeva normalmente come quella di chiunque altro.

Poi lei ha bussato volontariamente o involontariamente alla nostra porta, nel senso che ha manifestato proprio la malattia, ha cominciato a dimagrire moltissimo.

Da quel momento, da genitori, abbiamo cominciato a vedere nostra figlia in un modo diverso e abbiamo iniziato un percorso per capire cosa le stava succedendo.

Col tempo ho cominciato a comprendere la malattia, all’inizio con capivo e il mio atteggiamento era quello della mamma che doveva far qualcosa per la propria figlia.

Per la figlia, non per Sara.

Sai il nostro ruolo di genitori … la figlia che è ammalata, la figlia che non mangia ….

Poi con l’aiuto dell’Associazione, con il ricovero di Sara in una struttura e l’aiuto delle persone che si sono un po’ aperte a noi abbiamo cominciato a capire, ad avere consapevolezza di quello che ci stava capitando.

La cosa stupefacente è che nel tempo “ ho visto Sara, non mia figlia”. Ho visto Sara e ho cominciato a guardarla, ad attendere, cercare di capire, a vedere quello che stava succedendo a lei.

Mi sono immedesimata tanto in lei, nel senso che quasi in parallelo vedevo tutto quello che era la malattia e il dolore di una persona cara.

Io sentivo, anzi sento perché non è finita, la solitudine, l’angoscia, il non saper cosa fare, il non sapere come uscire da questa cosa, tutte cose che lei prova su sé stessa.


E’ come se io stessi dentro la malattia di Sara, non di mia figlia e questo è importante, “dentro la malattia di Sara” vivendo le stesse cose e questo mi ha fatto capire e vedere Sara per quello che è.

Prima io vedevo la figlia, ora vedo Sara, la persona, la sua sofferenza.

Solo che tra me e lei c’è un vetro trasparente, io la vedo, sento quello che prova ma non riesco a farle sentire il mio amore, non riesco a farle sentire la mia mano tesa, non per entrare nella sua malattia ma per darle l’amore, quell’amore grande che io ho per lei.

E’ come camminare in parallelo con un vetro che ci separa, io vedo quello che c’è dentro di lei ma non posso toccarla e darle il mio amore.

Io non penso di poterla aiutare a guarire però posso almeno tenderle questa mano d’amore.

Il primo sentimento che ho provato quando mi hanno detto che Sara soffriva di anoressia è stato un grande, grandissimo senso di colpa.

Perché del resto questi figli li abbiamo generati noi, per cui ci sentiamo responsabili di quello che gli accade, nell’involontarietà di quello che gli accade.

E’ come se il cammino gliel’avessimo preparato noi, dandogli una certa famiglia, le problematiche che ci sono.

Io non ho mai considerato i miei figli una proprietà, all’inizio quando erano piccoli io ero la mamma poi più avanti ho lasciato ai miei figli la libertà nelle loro scelte.

Nei confronti di Sara è emersa la responsabilità di averla messa al mondo e di farla soffrire in questo mondo che a lei sta stretto.

Dietro questa malattia ci sono enormi pregiudizi e proprio per questa ragione la solitudine è la cosa peggiore che ho provato, non ci sono persone che mi sono state vicine. C’è una grande ignoranza riguardo a questa malattia, non viene collegata ad un problema di salute mentale, viene vista piuttosto come una volontarietà, un capriccio … la ragazza ha avuto troppo …. è viziata. Quando incontri la persona che invece capisce che si tratta di un problema mentale allora c’è la paura, c’è il vuoto .


Oltre al pregiudizio c’è soprattutto una grande indifferenza.


Io credo che sia nella scuola che nella relazione con gli altri ci siano stati elementi che possono aver accentuato la sua insicurezza, perché lei si è sempre mostrata per quello che gli altri volevano che lei fosse e non realmente quella che lei era.

Per cui ha sempre fatto una fatica enorme, era brava a scuola, doveva sempre essere la migliore.

Lei ha avuto uno sviluppo precoce per cui già in 4^ elementare era diversa dalle altre bambine, sì credo ci siano state delle cose che l’hanno turbata. Però penso che vada tutto un po’ al di là di un singolo evento scatenante.

Per noi genitori l’impotenza è la cosa peggiore da superare, più del dolore verso la persona che ami, il fatto di non sapere e soprattutto di non potere.

Io ho un bisogno tremendo di abbracciare Sara, di tenermela vicina, di coccolarla, ma lei non si lascia avvicinare.



In seguito a questa malattia i rapporti tra noi e Sara sono cambiati perchè “noi siamo cambiati”, ma secondo me lei non ha ancora capito, forse perché non è ancora il momento, non ha ancora la percezione dei nostri cambiamenti. E lì c’è questo blocco che non ci fa andare oltre.

Mia figlia ha sofferto prima di anoressia e poi bulimia. Nel percorso di cura di Sara abbiamo trovato enormi difficoltà, soprattutto all’inizio quando ci siamo accorti che lei era dimagrita eccessivamente non sapevamo dove andare, a chi chiedere. Vai dal medico di base…. Boh, vai in ospedale … niente, vai nelle varie struttura, nei CPS e nessuno sa dirti qualcosa, nessuno ti indica un percorso da seguire.

Cosa fai? Vai su internet, cominci a cercare anoressia … bulimia…. e lì viene fuori di tutto e cominci a leggere, guardare, scartare e comincia il tuo percorso che è un calvario dove non vedi mai la fine.

Io ho avuto paura che Sara morisse quando era in ospedale. Quando ti dicono che tua figlia ha un BMI sotto il 10/11 cosa fai? Quando i medici ti dicono “ quando esce, state con lei, fatele fare pochi passi perché se no……. Ecco, lì sì hai davvero la sensazione che la stai perdendo.

Anche se riflettendo … forse l’abbiamo già persa.

Penso che per prevenire queste maledette malattie sia necessario cambiare la società, cambiare le persone, avere dei valori, avere proprio un atteggiamento diverso verso la vita.


E’ importantissimo fare prevenzione ovunque sia possibile, nelle scuole….


Penso che un genitore possa guarire dalla malattia del proprio figlio quando riesce a dargli fiducia. Nel momento in cui gli dai fiducia e vedi quelle due parti, quando riesci a scindere la malattia dalla persona, quando vedi che è una bella persona, che è unica.

Quando capisci che i suoi difetti, le sue fragilità sono quelle cose che la rendono migliore di altri. Ecco, quando riesci a vedere queste cose, già la malattia si sposta. Solo quando riesci a vedere nella persona la bellezza, l’unicità, quella che è lei. E quando poi guarisce lei …. guarisci anche tu.

Questa malattia all’inizio ha diviso tutta la mia famiglia, ognuno viveva il proprio dolore per sé. Durante la malattia il rapporto con mio marito era fatto di solitudine.

Sara ha dei fratelli più grandi, noi siamo una famiglia allargata. Mio marito ha due figli avuti da un rapporto precedente, io ho un figlio da un precedente rapporto e Sara invece era il fulcro, era l’unione che poi purtroppo invece di essere l’elemento che univa è stato ciò che ci ha divisi. Non è stata Sara a creare questa divisione, è stata la malattia che ha diviso.

I fratelli all’inizio non avevano capito questa malattia, però col tempo qualcuno sì, qualcuno più che capire la malattia ha accettato la persona per quello che è, manifestando semplicemente il proprio esserci, se hai bisogno io ci sono.

C’è anche chi non ha capito ma se lo fa bastare, però col tempo c’è stata una unione tra tutti noi.

E’ assurdo, ma posso dire che questa malattia alla fine dà tanto, ti fa capire molte cose, ti fa capire che nella vita ci si deve fermare, vedere e vivere le persone che hai intorno. Mentre prima si andava avanti, passavano gli anni e correvi senza soffermarti a vedere dentro le persone che stavano accanto a te.

Io vorrei che mia figlia si liberasse di questa gabbia, che si amasse, ma il punto è proprio quello ….. imparare ad amarsi, perché una volta che riesci a fare questo riesci ad affrontare questa vita di merda. Solo col proprio volersi bene.

L’unica persona che mi ha fatto uscire dalla solitudine di questa malattia è stata Sara. Mi ha fatto vedere, non volendo quello che provava; poi come dicevo prima, la percezione di sentire su di me quello che sentiva lei mi ha aiutato tanto. Sì lei, solo lei.


Se Sara fosse qui in questo momento le direi “Fermati e guarda tutto l’amore che la mamma ha per te”




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Eleonora

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