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Roberto


"Per reggere l’urto è importante viaggiare sullo stesso binario, se si prendono strade diverse non ce la si fa e tua figlia ne paga le conseguenze."


 

Sono Roberto, il papà di Federica ricoverata da un anno presso la struttura di Villa Miralago. Purtroppo siamo coinvolti in questa malattia da quasi 7 anni. Federica ha avuto due ricoveri precedenti che non hanno portato i risultati sperati poi ha continuato privatamente il percorso di cura, presso uno studio di Milano, sembrava che stesse migliorando ma poi c’è stato un crollo. Successivamente ha trascorso un anno rifiutando le cure, fino al 28 luglio 2019 quando è stata ricoverata a Villa Miralago.

Il primo campanello d’allarme l’abbiamo avuto mentre eravamo in vacanza, nel luogo dove soggiorniamo tutti gli anni, perché abbiamo notato che le abitudini alimentari di nostra figlia erano cambiate e lei non mangiava più i cibi che le piacevano molto.

Avevo sentito parlare di queste malattie ma non le conoscevo nei dettagli, per cui non comprendevo il cambiamento di Federica, invece mia moglie, Roberta, si è molto preoccupata e ha ipotizzato che Federica soffrisse di anoressia, allora ho iniziato a documentarmi anch’io.

Federica non ha mai chiesto aiuto, anzi per lei rifiutare il cibo era una cosa normale.

All’inizio è sta durissimo per noi, io tra l’altro la sera ero sempre assente durante la cena perché facevo il turno di notte per stare con lei durante il giorno. Federica con me aveva un rapporto tutto sommato tranquillo ma si scontrava spesso con la mamma e lo fa ancora anche se adesso lentamente le cose stanno cambiando.

Dopo anni di buio solo adesso comincio a vedere il sole.


Per combattere la malattia io e mia moglie Roberta siamo diventati complici

perché al di fuori del nostro nucleo familiare nessuno capiva o non voleva capire questa cosa. Anche nelle nostre famiglie d’origine dicevano: “tanto è sempre la solita storia, è viziata”, in realtà non era proprio così, avrebbero fatto bene a documentarsi come ho fatto io prima di giudicare.

Agli altri in un primo momento abbiamo nascosto il problema: era difficile per noi parlare con loro della malattia di nostra figlia, per via del grande pregiudizio. Poi i vicini di casa, non vedendo più tua figlia fanno diecimila domande e allora a qualcuno l’abbiamo detto e in quel momento ci siamo chiesti:

“per quale motivo non si poteva dire questa cosa?”, in un certo senso è stato liberatorio parlarne, è stato come riconoscere il problema.


Nella malattia siamo trovati soli, molto soli, ci siamo annullati completamente, abbiamo azzerato tutto, stiamo ripartendo solo ora. Per reggere l’urto è importante viaggiare sullo stesso binario, se si prendono strade diverse non ce la si fa e tua figlia ne paga le conseguenze.

Come genitori ci siamo sentiti spesso inadeguati, ci siamo detti che forse in alcuni momenti avremmo dovuto darle di più, ma cosa? Spesso abbiamo fatto rinunce per lei, abbiamo anche pensato che forse avremmo dovuto fare il contrario e pensare un po’ di più a noi. Federica è sempre stata al centro delle nostre attenzioni, probabilmente si sbaglia anche per eccesso di amore. Comunque ci siamo dovuti reinventare, credo che la malattia ci abbia insegnato qualcosa, siamo cambiati e penso in meglio. Spero che abbia insegnato qualcosa anche a nostra figlia.



Abbiamo avuto un grande aiuto dagli incontri con gli altri genitori dell’associazione. Stiamo facendo un percorso con un terapeuta, anche se all’inizio io ero piuttosto scettico, dicevo a mia moglie: “no, io non ho bisogno”, poi mi sono dovuto ricredere, però c’è voluto un mese e mezzo prima che mi rendessi conto di averne bisogno. Alla fine ti rendi conto che anche tu hai bisogno di aiuto perché non è così semplice, la malattia fa ammalare anche noi.

I rientri a casa di tua figlia sono difficili, perché non sai come muoverti, cosa dire. E’ brutto dire questa cosa, perché per noi Federica è tutto, ma il 28 luglio quando l’abbiamo accompagnata in clinica abbiamo avuto un pochino di respiro perché è stata davvero dura e probabilmente lo sarà ancora.

La nostra più grande paura quando tornerà è che ci ricaschi nuovamente, sai io ho avuto una grande paura di perdere mia figlia, anche durante l’attesa del posto in struttura perché tu non sai cosa fare per lei, mentre in clinica ci sono persone in grado di curarla e aiutarla.

Quando ci hanno detto che i tempi di attesa di Villa Miralago erano di 6/7 mesi…. un anno mi sono angosciato per quello che sarebbe potuto accadere se lei non avesse più mangiato. E’ terribile pensare che tua figlia possa morire di fame, mentre intorno a te nessuno capisce. Ti senti impotente, non sai come muoverti: se tua figlia non vuole mangiare tu non la puoi imboccare. Poi l’incognita di quando potrà essere ricoverata è devastante.

Si prova una solitudine incredibile, ci hanno aiutato delle persone estranee al problema, una coppia di amici. Poi piano piano anche mia mamma e mia sorella hanno cominciato a capire un po’, purtroppo non è stato così con la famiglia di Roberta, che non ha capito e continua a non capire.

Noi genitori proviamo un gran senso di colpa anche se non sappiamo esattamente per cosa; però bisogna guardare avanti cercando di migliorare. Si prova anche una grande rabbia, ti chiedi il perché di questa malattia e non trovi una risposta, per le altre malattie sai che c’è un tempo, le curi e finisce lì, qui è diverso.

La malattia di mia figlia mi ha fatto soffrire maledettamente, ho perso 7 anni di vita


Federica ha cercato da sola la struttura dove si trova ricoverata ora e spero davvero che riesca ad uscirne bene, io non so se si può guarire completamente ma voglio crederci. Se lei ha voglia di vivere noi faremo di tutto per convincerla che a vent’anni si deve assolutamente vivere la vita.


Federica a scuola ha subito atti di bullismo da una ragazza e immagino che questa possa essere una delle cause della sua malattia,


perciò penso sia molto importante sensibilizzare e fare prevenzione nelle scuole sia coi i ragazzi che coi i docenti che spesso non si accorgono o non conoscono neppure queste patologie.

Dovrebbero essere maggiormente preparati anche nei CPS, noi abbiamo avuto grosse difficoltà perché la responsabile del servizio a cui ci siamo rivolti non conosceva la malattia ed ha voluto essere informata da noi.

Non vedo l’ora che torni a casa, anche se le dico sempre di non avere fretta, un mese in più o uno in meno non ti cambia la vita, ma lei è sempre in ansia “voglio tornare …... voglio tornare”.

Quando tornerà vedremo cosa succederà, lei sarà cambiata e saremo cambiati anche noi. Io sono molto sereno, prima ero io ad essere maggiormente in difficoltà, forse adesso sarà più in difficoltà Roberta, sembra si siano invertiti i ruoli.

Adesso vedo Federica molto più positiva, la amo tantissimo e


se ora fosse qui la abbraccerei, le direi ti voglio bene e sono fiero di te.


Poi, anche se so che non è certo dipeso da lei, le direi “ma che scema, pensa a quanti anni ti ha fatto perdere questa malattia! Trova la forza per combatterla”





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