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Maurizio


"Cosa sarà non lo so. Roby è diventata una persona differente da quella che era quando è entrata nel percorso di cura: se Maurizio è diventato una persona differente da quando Roby si è ammalata sarà stato un miracolo quasi altrettanto grande..."

 

Mi chiamo Maurizio e sono il papà di Roberta. Partiamo dalla fine, invece che dall’inizio. Io che ormai ho tanti anni, sono oltre i 59, ho sempre pensato, probabilmente anche come atteggiamento di comodo e di acquiescenza verso me stesso, che i difetti che la gente si porta appresso non siano eliminabili dopo una certa età: la gente arrivata ad una certa età non cambia più. Forse però è stato perché grossi problemi, per mia fortuna, nella vita in verità non li ho mai incontrati e la malattia di Roby è stato il primo vero ostacolo che ci siamo trovati a dover affrontare. Così facendo mi sono reso conto che ad un certo punto della vita possono succedere delle cose che ti obbligano a cambiare, o almeno a provarci. E questo è quasi la fine.

Cosa è capitato quando Roby ha cominciato a star male … e poi a star male quando? Perché in realtà vedi emergere le cose ad un certo punto, ma capisci dopo che è soltanto emerso dalle acque lo scoglio che era già presente e che tu non avevi visto finché non ti ci sei incagliato E’ successo che io, che di mestiere faccio il medico e per vocazione ho fatto il papà (perché ritengo che siano due cose distinte: uno non fa il medico per vocazione, fa il papà per vocazione, il medico è un mestiere), dicevo è successo che mi sono trovato completamente spiazzato, per la prima volta veramente a non sapere che pesci pigliare. A trovarmi inadeguato, a trovarmi bloccato e impotente difronte a questa situazione.


Non è semplice per un medico accettare il fatto di non riuscire a risolvere un problema, a portare a compimento un percorso di cura in modo positivo; è sempre una cosa frustrante, però se uno sa e capisce che nella vita esistono anche le sconfitte, esiste anche la morte, va bene, un po’ ci vieni a patti, perché altrimenti vivrai sempre molto male. Dipende anche dal tipo di mestiere un po’ particolare che faccio. Ma mi sono trovato nell’assoluta incapacità di affrontare e gestire questa cosa, ero bloccatissimo, spiazzato. “Cosa faccio, cosa si fa, mio Dio non so veramente da che parte girarmi”.Quando il paziente è tua figlia diventa una sconfitta su due fronti, ti senti impotente e sconfitto come professionista, peggio ancora impotente e inadeguato come padre. E così non sono stato io a cominciare a prendere in mano la situazione; e naturalmente cosa succede in questi casi, succede che c’è qualcun altro che comincia a darsi da fare, c’è una persona nella vita di ognuno di noi che non si arrende mai e che è quella strana creatura che è la mamma. E’ stata certamente lei la prima a buttarsi in gioco, a cercare di vedere cosa si poteva fare, ad affrontare anche i tanti ostacoli che si frappongono nel cammino alla ricerca di una soluzione, quegli ostacoli che indubbiamente ciascuno di noi si è trovato davanti. Prima la difficoltà di sapere da che parte girarsi e quando hai capito da che parte girarti trovi altri ostacoli, che sono apparentemente l’indifferenza, quella quasi negazione, che sembra una cattiva volontà, negazione dell’aiuto, frapporre difficoltà burocratiche, magari argomenti di tipo finanziario, le limitate risorse eccetera eccetera; e trovare che avresti bisogno di una rete di supporto ma quando vai a cercarla questa rete, se c’è, è in realtà piena di buchi dove rischi di precipitare.

Ma per me è stata veramente l’incapacità di prendere in mano una situazione perché i disturbi, non solo del comportamento alimentare, ma più in generale i disturbi della sfera psichica sono una cosa che pochi di noi dal punto di vista professionale sono prepari a trattare e quindi senza saper cosa fare vedevo Roby precipitata in questo marasma che era fatto non solo di anoressia, non solo di depressione, di autolesionismo sempre più grave, quando la cosa è venuta fuori, quando è emersa, quando nessuno è stato più capace di negarne l’evidenza... Perché riesci anche a negare l’evidenza a te stesso a volte, lo struzzo ci rappresenta molto molto bene. A quel punto mia moglie non si dava pace per questa cosa, perché io bene o male quando c’era stato bisogno di darsi da fare, di cercare un professionista, una soluzione per andare alla ricerca di un parere per un problema più o meno serio, più o meno grave, sapevo a chi rivolgermi, ma in quel caso no.

Come se fossi nato quel giorno lì, non sapevo veramente da che parte girarmi, e mia moglie questa cosa non la capiva, non si dava pace, “ma tu sei un medico, su datti da fare” e io ero bloccato e ho vissuto anche una fase che è stata forse la più terribile dal punto di vista emotivo mio: è stata la fase in cui Roby era ormai come affogata in una cosa nera vischiosa da cui certamente non voleva venire fuori, non solo non sapeva farlo, ma sai come certe volte non vogliono venire fuori da queste cose… e si stava lentamente lasciando portare giù, non si vedeva una via di scampo e io sono arrivato a pensare e a dire ad alta voce una cosa che non so se sia concepibile, sono arrivato a dire che se il futuro di Roby è fatto solo di questo, è fatto solo di non più volontà di vivere, è fatto solo di rinchiudersi, di lasciarsi andare, di farsi male, di piangere, di non vedere davanti a sé niente altro che la disperazione… beh, sono arrivato a pensare e a dire che così io non posso vederla e piuttosto che vederla vivere sempre così, mi rendo conto che forse un giorno Roby non ci sarà più e me ne faccio una ragione. Credo che un genitore che dice “piuttosto che vedere mio figlio o mia figlia che sta così preferisco sapere che non c’è più”, è una cosa quasi inaccettabile. Quando ho espresso questa cosa ad alta voce potete immaginare, sono stato guardato da mia moglie come se fossi completamente matto. Quindi ho vissuto tanti mesi in un misto di impotenza e l’unica reazione che riuscivo a organizzare, che spesso è il mio più grande difetto, era al massimo la rabbia, l’impotenza si trasformava in rabbia, in scoppi di ira e di insofferenza e questo non è che potesse aiutare, non aiutava me, non aiutava soprattutto Roby, non aiutava l’ambiente che c’era intorno.

Roby, sembra che sia passato un secolo, ha iniziato un percorso di cura strutturato per affrontare i suoi problemi alla fine del lontanissimo 2019. Ha iniziato i ricoveri agli inizi del 2020 e ha avuto la possibilità di accedere alla comunità di Villa Miralago, a metà luglio del 2020, ormai siamo a 15 mesi di percorso. Il merito del fatto che Roby abbia cominciato a poter in qualche modo affrontare questa cosa, non va certo a me. Però qualcuno ha lottato fino allo stremo delle sue forze, il merito non è mio, il merito è dovuto al fatto che ad un certo punto Roby, che era sprofondata in una sorta di baratro, ha visto qualcuno che simbolicamente calava giù una corda, un verricello, anzi si calava con una corda in questo baratro dove c’era Roby che neanche annaspava, si lasciava andare: è andato giù, l’ha presa per mano e non l’ha tirata su di peso, si è messo lì vicino e poco per volta le ha dato la capacità di provare ad arrampicarsi. Qualcuno è andato giù a cercare di portarla in salvo. E ci sono state tante persone che hanno fatto questo, abbiamo avuto la fortuna di trovare delle persone di spessore professionale ed umano fuori dall’ordinario. Quindi il merito non va a me ma a chi è sceso, a sua mamma e sua sorella che si sono messe lì vicino ad incoraggiarla, va a tutte queste persone che, ciascuna con le sue competenze, hanno provato a fare di Roby una persona che avesse almeno qualche cenno di volontà di risalire ed hanno avuto la pazienza di aspettare.


Cos’è il tempo. Il tempo è qualcosa che ad un certo punto perde la sua linearità; se io ripenso a questi due anni abbondanti mi sembra che in certi momenti ci siano delle fasi di vuoto, in quei momenti in cui sembrava non succedere niente, i mesi in cui Roby aveva iniziato il percorso di cura ma non sembrava poter succedere niente, una situazione in stallo. Il tempo in quel momento diventa anche un tuo nemico, perché tu dici “ma stanno passando le settimane, i mesi, e non capita niente”. Sono quelli i momenti in cui il tempo è qualcosa che ti scoraggia perché naturalmente tu vorresti vedere dei risultati, lo vuoi vedere come genitore e dal punto di vista del professionista della salute, quando vedi che non succede mai niente, non vedi un progresso ti scoraggi e dici che forse da qua non si esce. Invece no, invece il tempo è stata una cosa che un po’ alla volta mi ha permesso di cominciare a venire anche a patti con tutti quei pensieri negativi che si affollano, che si affastellano nella mente dei genitori. Che cosa sono le prime continue domande che ti fai quando tuo figlio o tua figlia sprofondano in certi drammi? “Ma ho sbagliato, dove ho sbagliato, cosa ho fatto, ma perché non mi sono accorto, ma perché sono stato cieco, ma perché sono stato stupido, ma perché perché perché, dove, come, cosa avrei dovuto fare, cosa avrei dovuto dire”, tutte cose che non portano a niente. Dopo scopri che ormai il danno è stato creato e non ti servono a niente, giri in tondo. E invece ad un certo punto trovi delle persone che un po’ alla volta con il loro atteggiamento, la loro pazienza, fanno sì che tu vieni un po’ a patti: vieni a patti con la situazione che si è creata, vieni a patti con la malattia di tua figlia, nel senso che è capitato e adesso deve affrontarla e deve vincerla, vieni a patti con te stesso, vieni a patti con la storia di tua figlia e con la storia tua.

Recentemente mi è capitato di dire che credo di essere cambiato interiormente, però mi manca la prova del nove. La cartina al tornasole. Roby auspicabilmente, anche sentendo quello che dicono i suoi curanti, l’equipe di Villa Miralago e altri specialisti che hanno occasione di vederla, incontrarla e gestirla, sta incominciando la fase di sganciamento dalla comunità per ritornare nell’ambiente fuori. Adesso sembra tutto facile, quando ci sono i rientri sono momenti per noi belli, per lei qualche volta belli e qualche volta pieni di apprensione e di dubbi, però adesso è tutto facile. La cartina al tornasole vera sarà quando Roby sarà fuori, dopo vedremo se io sono cambiato o no perché ci saranno momenti difficili, ci saranno ancora fasi in cui vorrà scoraggiarsi, vorrà per modo di dire, capiterà che si scoraggi, si lasci ancora vincere dalla disperazione e lì si vedrà se sono cambiato. Però il merito, se c’è stato un cambiamento non è stato mio, come non è stato un percorso, un lavoro fatto solo da me; come tante persone si sono messe vicino a Roby per aiutarla a risalire, ci sono anche state tante persone con le loro competenze, magari non lavorando in modo diretto su di me, che hanno fatto sì che io abbia acquisito determinate capacità di rivedere me stesso, almeno così sento che è successo, poi vedremo se sarà vero. Queste persone possono essere i professionisti che ne hanno avuto cura, quelle persone sempre dell’ambito professionale che girano intorno alla rete, all’associazione, o anche le persone che ci sono vicine, che stanno facendo o hanno fatto già lo stesso percorso, sono più avanti, sono più indietro, sono di fianco, e sono quelle persone, ciascuna a suo modo speciale, che ti fanno dire va bene non sei da solo, ti fanno dire guarda gli altri, guarda vicino. Sono persone che ti danno un sostegno o qualche volta te lo chiedono, sostegno che può essere soltanto “dai siamo insieme, facciamoci spalla”, e quindi sono tante persone speciali. Fortunatamente ce ne sono, di quelle persone che ti fanno dire “guarda un po’, quel ragionamento che ti sei sempre fatto, che dopo una certa età non si cambia più, era falso” e grazie a queste persone, anche quando oramai credevo di essere cristallizzato, forse sono cambiato e quando Roby sarà a casa lo vedremo: però penso, e spero, di non essere più la persona che ero due anni fa. Se questo è successo sarebbe un miracolo altrettanto grosso che vedere Roby tornare ad avere una speranza, una possibilità di futuro quando non tanto tempo fa temevo che non ci fosse più, mentre adesso guardiamo insieme a qualcosa di più bello davanti.

Cosa sarà non lo so. Roby è diventata una persona differente da quella che era quando è entrata nel percorso di cura: se Maurizio è diventato una persona differente da quando Roby si è ammalata sarà stato un miracolo quasi altrettanto grande.




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